Come poter redarre e produrre un contenuto creativo da umani per umani sfuggendo alle lusinghe ma anche alle minacce dei procedimenti algoritmici? Ecco di seguito alcune proposte operative.
Lo scenario si sta delineando in maniera netta: alcune major del digitale (Meta, Google, Ibm e poche altre) sono in possesso di una quantità infinita di dati (testo, immagini e quant’altro) nonché macchine ed algoritmi capaci di realizzare all’istante qualsivoglia prodotto creativo in maniera sempre più raffinata e professionale: che ruolo avranno allora i giovani che stanno studiando come ‘creativi’?

Sono convinto che si stia delineando un braccio di ferro fra umani e not human ma anche un emergente diritto alla creatività umana per umani.
Come può un@ giovane creativ@ – che sia impegnat@ nel campo della scrittura, illustrazione, fotografia, graphic design, eccetera) ottenere un livello significativo e dignitoso di autonomia dalle tecnologie digitali per realizzare contenuti alternativi alla emergente massificazione di prodotti creativi artificiali? Di seguito alcune proposte che spero incontrino il vostro interesse e magari convincervi ad alimentare il dibattito:
- osservare tutto ciò che vi capita nella vita reale sempre in maniera critica ed analitica e magari anche in connessione alle possibili interazioni con procedure digitali di analisi (ad esempio: come mai alcuni prodotti nei centri commerciali sono messi all’altezza del nostro sguardo? lo sapete che è tutto monitorabile ed analizzabile digitalmente?)
- considerare che le procedure algoritmiche comprese quelle di machine learning (interazione collaborativa fra umani e macchine per educare e far progredire quest’ultime) dei sistemi di Intelligenza Artificiale (AI abbreviato in lingua inglese) – e salvo rare eccezioni (Google Books ad esempio) – fanno riferimento a basi dati che riguardano maggiormente poetiche e forme d’espressione contemporanee: qualsiasi riferimento ed elaborazione di concetti del passato sfugge maggiormente ad una qualsivoglia, possibile, analisi artificiale (e da questo punto di vista Generazioni a confronto è stato un bell’esperimento e un tuffo nel passato difficilmente classificabile algoritmicamente);
- creare connessioni e contaminazioni fra poetiche, scuole d’arte e di pensiero difficilmente schematizzabili, dipingere fil rouge fantasiosi che tengano di conto della complessità della storia e della potenzialità della creatività umana fino adesso espressa ma cercando anche di mixare, immaginare ed inventare qualcosa di nuovo (originali ed innovativi a tutti i costi… forse… ma anche paradossali e imprevedibili…);
- cercare di recuperare ricordi e memorie del proprio vissuto analogico cercando di riconnettersi col proprio io naturale ed umano (si spera che i vostri genitori non via abbiano messo lo smartphone in culla…) camminando, oziando, osservando l’orizzonte o qualsiasi altra attività consideriate inutile ma comunque sconnessa da attività e procedure digitali;
- liberare la fantasia ed ascoltare le emozioni più profonde, paure comprese, seguire l’istinto più che la ragione e permettersi il lusso anche di sbagliare se se ne sente l’esigenza;
- sentrsi liber@ di seguire le proprie convinzioni ed umori magari legate anche ad un particolare momento o ad una particolare stagione personale, ricordandosi che tutto ciò che è essere personale sfugge in qualche maniera ad una logica da intelligenza artificiale che invece è alimentata da una gran mole di dati massificati ed in ogni caso liber@ di perché gli algoritmi sono fatti di regole ed infrangerle significa sfuggire al manistream machinico;
- misurare limiti e confini dei sistemi di editing intelligenti e cercare di andare ‘oltre’ (se ancora non siete convinti che esistono allora fate un giro su http://www.infoaccessibile.com/index.html#sentiment) magari utilizzando sinonimi, gergali, espressioni satiriche, doppi sensi, fino a sperimentare in libertà forme narrative difficilmente valutabili da ‘sistemi intelligenti’ (come ad esempio scrivere senza punteggiatura, e a me piace tanto l’esempio degli Invisibili di Ballestrini…);
- sperimentare liberamente ma facendo attenzione alle procedure algoritmiche di copyright strike così come alle regole sempre più rigide di inclusive storytelling (per approfondimenti sull’inclusive storytelling https://almaartis.it/blog/twitch-piattaforma-inclusiva/ sul copyright strike https://scaccoalweb.wordpress.com/2020/06/09/stop-the-copyright-strike/ e più in generale sul ruolo degli algoritmi nella società e in relazione con il concetto di creatività https://scaccoalweb.wordpress.com/?s=algoritm) ricordandosi che anche recenti sentenze hanno decretato come “L’opera è di chi la idea, non di chi la realizza”;
- confrontarsi, intervistare e fare brainstorming con altri ‘umani’ affinché riflessioni individuali e conclusioni collettive non siano governate dal mainstream machinico che oltretutto è naturalmente molto incline a generalizzazioni fuorvianti e pericolose (i lavori meglio pagati sono adatti per gli uomini, criminale fa rima con migrante);
- cercate di capire se il proprio interlocutore è un umano oppure un bot (?) e controllate quello che avete prodotto come viene interpretato da procedure di reverse image search (studiatevi chi dice cosa ed risorse di approfondimento ivi proposte) e sistemi di intelligenza artificiale (provate ad esempio Cloud Vision AI);
- svolgete quanto più possibile pratiche materiche di creatività manuale (scrivete e disegnate a mano ad esempio e solo dopo applicate elaborazioni digitali su quanto ‘creato’ o abbozzato) sperimentando connessioni dirette fra sistemi digitali ed analogici;
- gli algoritmi sono fra noi e non possiamo far finta che non avvolgano e condizionano la nostra quotidianità ma come per il settore della SEO è sempre possibile non subire passivamente le procedure algoritmiche ma interagirci anche a proprio, personale, vantaggio;
- utilizzare le tecnologie digitali per riavvicinarsi alla natura e raccontare il territorio in maniera tale che le macchine diventino strumenti amplificatori dei nostri umanissimi desideri e delle nostre umanissime testimonianze;
- privilegiare sempre, in termini di progettazione e storytelling, le esigenze di accessibilità, usabilità e cross-cultural di un target umano di riferimento (vedi a tal proposito le sezioni di approfondimento di infoAccessibile);
- per finire, ragionare anche in termini di sinergia positiva con gli algoritmi, ed approfittare comunque delle nuove opportunità espressive che mettono a disposizione le procedure algoritmiche, l’intelligenza artificiale, i big-open data e il machine learning in relazione però con le esigenze percettive umane ed utilizzandole magari per il miglioramento dello stato di cose presenti: esempi sono le riflessioni sull’antropocene di the critters room e la variegata attività di Refik Anadol nel campo dell’aesthetics of machine intelligence.
post scriptum
nel mio piccolo ho provato ad innescare un dibattito, ovviamente con i miei studenti, ma anche con artisti che col digitale ci si rapportano privilegiando però un approccio naturale ed umanistico all’arte, come il mio vicino di casa e pittore Vincenzo Lipari con il quale ho avviato un brainstorming in tema che credo in futuro concorrerà a produrre ulteriori riflessioni in tema… stay tuned…
Un pensiero su “Human Content Design”